48 partecipanti, provenienti da tutta Europa, si sono dati appuntamento online per l’annuale incontro degli Addetti stampa e Portavoce delle Conferenze Episcopali d’Europa sul tema “Pandemia e comunicazione ecclesiale: nuove sfide pastorali”. Un incontro di riflessione su come vivere le sfide di questo tempo: ambiente digitale, nuove forme di socializzazione e partecipazione, potenzialità e criticità per la comunicazione, nuove sfide pastorali.
La pandemia ci ha colti, a tutti i livelli, impreparati e ci ha costretti a stare chiusi in casa. Sono cambiate le nostre abitudini, le nostre relazioni, il lavoro, i contatti sociali e anche le celebrazioni religiose. Con tutte le implicazioni personali, affettive, psicologiche, relazionali e pastorali che una tale situazione comporta. Ci siamo ritrovati “tutti sulla stessa barca”, per dirlo con un’espressione di Papa Francesco.
Un ruolo importante, in questo periodo, lo hanno avuto i media: quelli tradizionali e i social media. Uno sforzo immane, quello di tanti giornalisti e operatori dell’informazione, in prima linea per raccontare ciò che accadeva; per non tradire la missione di servizio pubblico; per la costruzione della coesione sociale.
Un ruolo delicato, come ha sottolineato Vania De Luca, vaticanista del TG3 e presidente di UCSI Nazionale, nel suo intervento dal titolo: In prima linea durante la pandemia. Il delicato ruolo dell’informazione. “delicato perché l’informazione è un ponte tra cittadini e istituzioni, tra comunità scientifica e popolazione, collante e costruttore di comunità o –al contrario- strumento di divisione e di disgregazione. Le nostre parole non solo interpretano la realtà, ma contribuiscono a darle forma e direzione e questo lo abbiamo sperimentato in maniera particolarmente evidente in questo periodo della nostra storia in cui contemporaneamente alla pandemia si è diffusa quella che è stata definita infodemia: cioè l’abbondanza di informazioni, non tutte accurate, che «rendono difficile per le persone trovare fonti affidabili quando ne hanno bisogno». (rendendo difficile distinguere il vero dal falso\il bene dal male)”.
In questo contesto, il mondo dell’informazione è chiamato “a scegliere notizie, contestualizzarle, gerarchizzarlepartendo da una domanda di fondo e di senso: quale mondo vogliamo costruire? Cosa è importante trasmettere alle nuove generazioni e cosa no?”
“Oggi siamo alla fine di un lungo inverno di convivenza con il virus, – ha continuato – la diffusione dei vaccini ci dà la speranza di un ritorno alla normalità, anche se incognite e contraddizioni che abbiamo vissuto ce le porteremo dietro, e non si può pensare di tornare al mondo di prima, come se nulla fosse stato, come se avessimo vissuto una parentesi”.
Poi citando il motto di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, “bisogna avere un cuore capace di pazientare; i grandi disegni si realizzano solo con molta pazienza e con molto tempo”, ha concluso: “per la ri-costruzione e la ri-nascita, la re-surrezione, in senso cristiano, che dice, nell’etimologia latina del resurgere, il rimettere in piedi ciò che è piegato, serve molta pazienza, ma il tempo si è fatto breve. Non ne abbiamo molto”.
Il coronavirus ha impedito anche tutte le attività pastorali, così come le avevamo sempre pensate, e ha fatto venire a mancare la celebrazione della Messa con la partecipazione dei fedeli. Una situazione straordinaria in cui, per la Chiesa, ha prevalso il dovere di carità, di protezione della vita e della salute che l’ha portata ad accettare le restrizioni.
Tanti vescovi e sacerdoti non hanno mancato di creatività e hanno cominciato a celebrare la Messa dai tetti delle chiese per essere visibili dai palazzi circostanti e più vicini ai fedeli; i momenti di preghiera e le celebrazioni liturgiche si sono trasferiti in rete, alla radio e alla televisione.
Protagonista indiscusso è stato Papa Francesco, prima con la scelta di far trasmettere in diretta tv la Messa mattutina da Santa Marta, poi con la preghiera del 27 marzo in una piazza San Pietro deserta ma con gli occhi di tutti e i cuori di tanti puntati su di lui.
Andrea Monda, direttore de L’Osservatore Romano, ha raccontato cosa ha significato “Comunicare con Papa Francesco: gesti simbolici e vita quotidiana”. Partendo proprio dal momento storico di preghiera sul sagrato della basilica di San Pietro con la “Benedizione Urbi et orbi” del 27 marzo, e confidando altri episodi vissuti in prima persona accanto al Pontefice, ha ricordato lo stile comunicativo del Papa, fatto di prossimità, che gli permette di entrare subito in sintonia con i cuori e le menti dei fedeli e che rende speciale ogni incontro, che rende ‘evento’ anche momenti di incontro privato. In questo tempo di pandemia, con i suoi gesti semplici e forti, Papa Francesco ha fatto scaturire in tante persone il bisogno del sacro, ci ha aiutati a riscoprire il desiderio di Dio.
L’ambiente digitale offre nuove forme di socializzazione e partecipazione. La comunicazione, anche quella ecclesiale, alla prova del covid, ha mostrato potenzialità e criticità. Come abitare gli ambienti digitali per raggiungere, incontrare tutte quelle persone che frequentano i social e la rete? Come salvaguardare la dimensione sacramentale legata alla partecipazione fisica delle celebrazioni? È stato questo il focus della Tavola rotonda: “Ambiente digitale e partecipazione ecclesiale”. Tre i racconti di esperienze: Shona Cahill, del Jesuit YAM Team, ha presentato “L’accompagnamento spirituale online” offerto dai Gesuiti ai giovani e agli adulti nel periodo di restrizioni; Simona Juračková, della Caritas della Conferenza Episcopale Ceca, ha raccontato il grande lavoro fatto dalla Caritas ceca in questo tempo e la presenza “In rete per aiutare gli altri”; Kornél Fábry, segretario generale del Comitato per il Congresso Eucaristico Internazionale di Budapest, ha riferito la preparazione del Congresso, dopo lo slittamento di un anno, per garantire la partecipazione fisica dei fedeli provenienti da tutta Europa e esposto il programma dell’evento.
Nelle conclusioni, S.E. Mons. Nuno Brás, vescovo di Funchal e responsabile della Sezione Comunicazioni Sociali del CCEE, dopo aver ringraziato i relatori e i partecipanti all’incontro, ha ribadito come questo sia il tempo delle scelte. La pandemia ci ha mostrato un nuovo modo di vivere, ci siamo accorti che la nostra normalità forse è cambiata per sempre, che non si può, semplicemente, ripartire ma bisogna ricominciare. La parola chiave è la prossimità: “è necessario accompagnare le persone in qualsiasi contesto, anche quello digitale, e far sentire loro la vicinanza della comunità e di Dio, farsi compagni di strada nel bisogno di sacro e di Dio che abita il cuore dell’uomo, essere capaci di aprire finestre al mistero di Dio”.