La mattina del 15 febbraio 2022 si è svolto il seminario di studio promosso dalla Sezione per il Dialogo Interreligioso della Commissione Evangelizzazione e Cultura della CCEE.
I lavori sono stati aperti dal saluto di S.E. Mons. Gintaras Grušas, presidente della CCEE e di S.E. Mons. Zhibgvnes Stankevics, presidente della Commissione Evangelizzazione e Cultura.
Il seminario si è focalizzato su due argomenti: l’islam in Europa tra inclusione e esclusione, sviluppato dalla relazione di Erwin Tanner e un quadro del pluralismo religioso in Europa presentato nella relazione di Pierluigi Zoccatelli.
Nella sua presentazione Tanner si è soffermato su due casi di stati: Svizzera e Francia. In Svizzera la relazione con le comunità religiose – che dipende dai vari cantoni – è sviluppata in modo tendenzialmente pragmatico, tenendo conto delle situazioni locali e delle singole questioni, in un orizzonte di inclusività. La Francia è invece maggiormente caratterizzata da un orizzonte politico di fondo che si sostanzia nella “cittadinanza” radicata in una visione decisamente laica dello stato. Tuttavia, il dato interessante e nuovo emerso dalla relazione, è che in Francia si sta passando da una laicità militante, che esclude o tiene ai margini le religioni dallo spazio pubblico, a una laicità dinamica che sembra prendere in conto le tradizioni religiose come fattori culturali, che occorre nello stesso controllare, ma anche gestire in modo appropriato. Tale gestione controllata, che è disposta anche a valorizzare sul piano culturale alcuni aspetti non spirituali veicolati dalle tradizioni religiose (storia, lingua) è finalizzata e contenere forme di ripiegamento identitario e comunitarista, che porterebbero all’implosione della società, soprattutto nelle periferie urbane ad altra concentrazione di popolazione di origine immigrata e di appartenenza religiosa musulmana.
La relazione dinamica tra inclusività e esclusione nelle prassi politiche, cui corrispondono – in modo non necessariamente speculare – processi di integrazione e affermazioni identitarie di tipo comunitarista è certamente un paradigma importante per leggere oggi le dinamiche dei rapporti tra comunità musulmane e stati europei, con esiti diversi a seconda degli orientamenti promossi dagli stati stessi.
La relazione di Zoccatelli ha messo sul tappeto che il pluralismo religioso in Europa oltrepassa il riferimento al solo islam: sono quasi un migliaio le minoranze religiose organizzate in Europa, appartenenti sia a religioni tradizionali quali l’induismo, il buddismo e il sikhismo, sia a nuovi movimenti religiosi. Sebbene le percentuali a livello europeo siano inferiori rispetto ai musulmani, tuttavia in alcuni stati specifici raggiungono proporzioni importanti come l’induismo in Gran Bretagna e nei Paesi Bassi e il buddismo in Francia e in Italia, ma anche altrove. Ne deriva l’urgenza da parte della chiesa cattolica nelle sue espressioni locali di attivare percorsi di conoscenza e dialogo almeno con le comunità appartenenti alle grandi religioni mondiali.
Resta da notare che la constatazione di un tasso così alto di pluralismo religioso, pone domande nuove sulle ricerche spirituali “dell’uomo europeo” di oggi, rispetto alle quali le iniziative di evangelizzazione della chiesa cattolica sono chiamate a confrontarsi.
Infine, si è tenuto l’intervento di Katerina Pekridou, segretaria della sezione per il dialogo teologico della CEC (Conferenza delle Chiese Europee), che ha illustrato il paradigma teologico su cui si muovono le iniziative della CEC, che pone al centro la “koinonia” – la comunione – come realtà da vivere all’interno delle singole comunità religiose, da estendere nelle relazioni ecumeniche e interreligiose, fino a includere la questione ecologica del rapporto comunionale con il creato.
La mattinata si è conclusa con l’intervento di S. E. Mons. Brendan Leahy, responsabile della sezione Dialogo Interreligioso della CCEE.