«Riconoscere che la dimensione religiosa è parte integrante della persona è essenziale affinché la società sia non accondiscendente ma giusta verso ogni uomo». Lo ha detto il cardinale Angelo Bagnasco, presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, nel suo saluto istituzionale al convegno “La religione del migrante: una sfida per la Società e per la Chiesa” in corso oggi venerdì 25 settembre al Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale della Santa Sede, e promosso dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, in collaborazione con la Conferenza episcopale italiana alla vigilia della 106a Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato.
«Pensata come una questione meramente privata da confinare ai margini della convivenza sarebbe una miopia intellettuale oppure una forma di laicismo senza laicità. Il laicismo vive di pregiudizi mentre la laicità usa la ragione aperta cioè nella totalità delle sue funzioni». Secondo il cardinale Bagnasco quando si parla di religione la prima parola che viene alla mente è tolleranza. «Personalmente preferisco parlare di rispetto poiché a ben vedere nessuno vuol essere semplicemente tollerato bensì rispettato», osserva il presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee. «Inoltre la tolleranza potrebbe essere intesa come una forma di neutralismo valoriale, quindi, in fondo, di disinteresse. In questo orizzonte il laicismo, che si dichiara tollerante, in realtà sarebbe piuttosto indifferente e poco rispettoso, nega la vera laicità il cui principio è scritto nel Vangelo e che pur non sposando alcun credo riconosce l’essere umano nella sua verità religiosa ed etica». E se il rispetto è l’eventuale condizione per la convivenza sono due i criteri che, per il cardinal Bagnasco, si possono evocare. Il primo è il seguente: «Come la religione ha la possibilità di mettere in guardia la ragione dalla auto-affermazione che fa perdere il contatto con la realtà così la ragione può vigilare circa ogni eventuale forma di chiara violenza che potrebbe essere presente in ogni credo così come in ogni ideologia, cultura e società». L’altro criterio è la «prova della storia», quella che richiede la fatica del pensare e del rigore scientifico. «Se dalla religione nasce una visione e un modo di vivere allora i secoli e i millenni sono testimoni della fecondità o meno delle diverse forme religiose. E noi cittadini europei ne dovremmo essere più consapevoli e più grati».
In allegato il testo integrale dell’intervento del Cardinale Bagnasco.