Dal 12 al 14 settembre, si è svolto a Roma presso il collegio ucraino di San Giosafat, l’annuale incontro dei Vescovi orientali cattolici in Europa.
Al convegno organizzato dal CCEE e dalla Chiesa greco-cattolica ucraina, dal titolo: “La missione ecumenica delle Chiese orientali cattoliche d’Europa oggi”, hanno partecipato circa settanta vescovi, rappresentanti delle Chiese orientali cattoliche europee. I lavori sono stati aperti dal Cardinale Angelo Bagnasco, Presidente del CCEE, che ha auspicato che “questo incontro possa affrettare la piena unità di tutti i cristiani, della quale l’Europa ha tanto bisogno! Possano i nostri scambi e le nostre riflessioni contribuire, anche modestamente, al compimento della preghiera di Gesù Cristo affinché tutti siano una sola cosa”. Sua Beatitudine Sviatoslav SHEVCHUK, Arcivescovo Maggiore di Kyiv-Halič e Capo e Padre della Chiesa greco-cattolica ucraina, ha sottolineato quanto sia importante per le Chiese orientali cattoliche la missione ecumenica e quanto sia necessario “il modo come noi orientali possiamo essere catalizzatori dell’ecumenismo”.
Numerosi i relatori invitati al convegno (in allegato tutti i loro testi), fra essi il Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, che ha ribadito come “le Chiese Orientali Cattoliche non sono causate soltanto da una qualche contingenza storica ma esistono per disegno provvidenziale. Ciò significa affermare che la diversità in seno alla Chiesa è qualcosa che riflette un progetto di Dio” e il Cardinale Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani che ricordando come “il vero e proprio obiettivo del movimento ecumenico, ovvero la ricomposizione dell’unità visibile della Chiesa, la piena comunione ecclesiale, non è stato ancora raggiunto e occorrerà probabilmente molto più tempo per conseguirlo di quanto si fosse immaginato”, ha parlato della necessità di individuare un obiettico ecumenico comune che ci permetta di “non allontanarci ulteriormente gli uni dagli altri”. Del rapporto tra diplomazia e impegno ecumenico e di quanto queste due dimensioni siano intimamente legate, per stili e obiettivi, ha parlato il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, tracciando un obiettivo comune: “Adoperarsi per riportare la pace dove regna la discordia, considerare il perdono come l’unica medicina efficace dopo secoli di incomprensione, non dimenticando però che nel cristiano mai la carità si incontra senza la verità”.
Mons. Ivan Dacko, Presidente dell’Istituto ecumenico dell’Università Cattolica di Leopoli, ha tenuto una relazione sui:“Lavori della Commissione teologica mista cattolico-ortodossa e analisi dello stato attuale del dialogo fra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse”. “Il documento di Balamand e il concetto di uniatismo” è stato presentato dal Rev. P. Frans Bouwen, M.Afr., Membro della Commissione mista internazionale di dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa.
Al Rev. P. Thomas Pott, OSB, Monaco di Chevetogne, Consultore del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, è stato chiesto di affrontare il tema de “Il proselitismo e la libertà religiosa nel contesto delle relazioni cattolico-ortodosse”, mentre Mons. Markus Graulich, SDB, Sottosegretario del Pontificio Consiglio per i testi legislativi, ha trattato “La teologia del Sacramento dell’Eucaristia, nel contesto storico dell’inter-comunione tra la Chiesa Cattolica e le Chiese Orientali non cattoliche”. Infine, il Rev. Hyacinthe Destivelle, O.P., Officiale del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani,ha esaminato “La Dichiarazione dell’Avana e le prospettive della sua applicazione pastorale in Europa”.
Il convegno si è concluso, sabato mattina, con l’udienza che Papa Francesco ha riservatoai partecipanti. Ad essi il Santo Padre ha detto di andare “avanti nello spirito della comunione!”
“La varietà non solo non nuoce all’unità della Chiesa, ma anzi la manifesta (Orientalium Ecclesiorum, 2). L’unità cristiana, infatti, non è uniformità. L’uniformità è la distruzione dell’unità; e la verità cristiana non è monocorde, ma sinfonica, altrimenti non verrebbe dallo Spirito Santo”. E ha aggiunto: “La comunione cattolica fa parte della vostra identità particolare ma non le toglie nulla, anzi contribuisce a realizzarla pienamente”.
Le Chiese Orientali, ricorda il Papa, sono depositarie di una missione specifica nel cammino ecumenico. “Oggi, mentre troppe diseguaglianze e divisioni minacciano la pace, sentiamoci chiamati ad essere artigiani del dialogo, promotori di riconciliazione, pazienti costruttori di una civiltà dell’incontro, che preservi i nostri tempi dall’inciviltà dello scontro. Mentre tanti si fanno risucchiare dalla spirale della violenza, dal circolo vizioso delle rivendicazioni e delle continue accuse reciproche, il Signore ci vuole seminatori miti del Vangelo dell’amore. Nella famiflia cristiana siate coloro che, guardando al Dio di ogni consolazione (2Cor 1,3), s’impegnano a sanare le ferite del passato, a superare pregiudizi e divisioni, a dare speranza a tutti camminando fianco a fianco con i fratelli e le sorelle non cattolici”.
E ha concluso: “soprattutto e in tutto, aiutiamoci a vivere la carità verso tutti. Essa non conosce terriotri canonici e giurisdizioni… Quando ci chiniamo insieme sul fratello che soffre, quando diventiamo insieme prossimi di chi patisce solitudine e povertà, quando mettiamo al centro chi è emarginato, come i bambini che non vedono la luce, i giovani privati di speranza, le famiglie tentate di disgregarsi, gli ammalati o gli anziani scaricati, già camminiamo insieme nella carità che sana le divisioni”.