In vista all’Assemblea Plenaria, i presidenti delle Conferenze episcopali nazionali si sono preparati all’incontro compilando un questionario su “La chiesa durante la pandemia da Covid-19” con le informazioni dalle singole conferenze episcopali.
Composto da una parte più generale con il numero dei contagiati e dei morti di ogni paese e con le date di inizio e fine di restrizioni e divieti per le celebrazioni liturgiche con il popolo, il questionario è suddiviso in tre ambiti specifici. Il primo, quello religioso, dal titolo le conseguenze religiose della pandemia, raccoglie le informazioni su cosa è successo con la pratica religiosa in questo tempo e quali le possibili conseguenze religiose legate al coronavirus.
Poi l’ambito pastorale, intitolato la pandemia e la vita delle comunità cristiane, presenta le fonti spirituali che hanno accompagnato i fedeli nel periodo senza Messa, quale il ruolo svolto dai social media per la preghiera e le celebrazioni ma anche come impegnarsi per far riscoprire l’insostituibile sacramentalità delle celebrazioni liturgiche all’interno dei luoghi di culto.
Infine, l’ambito ecologico denominato i risvolti della pandemia su società, lavoro e cura del creato. A cominciare dal ruolo svolto dalla famiglia quale cellula di solidarietà e di condivisione, e luogo delle relazioni umane autentiche, vengono elencate le iniziative intraprese per aiutare chi è in difficoltà soprattutto per la perdita di numerosi posti di lavoro, cosa si sta facendo per aiutare le persone migranti e rifugiate per garantire la loro dignità e sicurezza e cosa significa tutto questo per la cura del creato e quali percorsi educativi sono stati attivati per la formazione delle coscienze.
Tutti i questionari pervenuti sono stati utilizzati da Padre Pavel Ambros SJ, della facoltà di Teologia dei Santi Cirillo e Metodio, Università Palacký di Olomouc in Repubblica Ceca, come punto di partenza per la sua relazione ai partecipanti, dal titolo “Discutiamo insieme su come impostare lo stile di vita nel periodo POST-COVID-19”.
“L’intera Chiesa universale sta vivendo un’esperienza d’impotenza, caratteristica piuttosto dimenticata ai nostri tempi. Insieme alla società umana in tutto il mondo, l’esperienza della pandemia da COVID-19, ha rivelato fragilità, illusioni, instabilità e fallimenti dei nostri sistemi e progetti politico-economici. Stiamo imparando a convivere con la realtà della vulnerabilità su scala globale. Ciò che porta speranza è uno sforzo senza precedenti di solidarietà per superare insieme, nella società e nella Chiesa, le conseguenze del Covid-19”, ha constatato padre Ambros.
A proposito della centralità dell’Eucaristia nella nostra vita di fede, ha ribadito la necessità di riflettere su alcuni interrogativi peculiari per la vita della chiesa: “Occorre parlare urgentemente dei cambiamenti apportati alla vita del popolo di Dio nell’impossibilità di celebrare la liturgia in pubblico durante e dopo la pandemia. Non possiamo evitare neanche altre domande, per esempio: percepiamo il rischio nell’accettare senza riserve la legalità dell’intervento determinante delle autorità statali nella vita delle famiglie e delle comunità? Percepiamo il rischio di un’accettazione passiva delle pratiche manipolative dei mass media che modellano il nostro ambiente sociale e culturale? Quali sono le conseguenze del nostro “esperimento liturgico parrocchiale Covid”, incentrato principalmente sulle trasmissioni in diretta delle celebrazioni liturgiche e sulla dispensa dal precetto domenicale? Permangono ancora le liturgie online nelle nostre comunità parrocchiali? Quali sono le conseguenze di queste decisioni nella vita dell’individuo e dell’intera comunità di credenti? In che modo questa esperienza influirà sulle nostre decisioni future?
“La liturgia, nella sua parte più essenziale, che riguarda il pane e il vino (e quindi la nostra corporeità umana), richiede una partecipazione molto più complessa, in cui l’umano e il divino diventano unica realtà spirituale dell’uomo nuovo e interferiscono con la concezione dello spazio e del tempo che diventa parte di un linguaggio simbolico (non un linguaggio virtuale). Quello che non deve smettere di preoccuparci è la parzialità della liturgia online, della sua incompletezza – e ha aggiunto – detto in senso figurato, abbiamo trasformato, con semplicità, l’Eucaristia in un’esperienza virtuale: abbiamo agganciato il carro davanti ai buoi dando a questa esperienza di Eucaristia il significato primario. L’Eucaristia, ovvero la santa comunione, e tutto ciò ad essa connesso, è soprattutto un frutto dell’incontro del popolo di Dio con il Signore risorto in mezzo all’assemblea radunata”.
Da qui, due le preoccupazioni evidenziate: da una parte, “terminate le drastiche restrizioni sull’annullamento della liturgia, molte persone hanno cominciato a dire di non aver bisogno di andare a Messa. È stata messa da parte la consapevolezza del dovere della Messa domenicale da parte di alcuni cattolici praticanti, che, anche nel tempo in cui potevano partecipare alla Messa domenicale, pensarono che una Messa in diretta fosse sufficiente per loro”; dall’altra, “la richiesta di continuare questa prassi e di consentire la partecipazione alla Santa Messa attraverso le trasmissioni in diretta, non solo come eccezione, ma come buona pratica. Il motivo è, che senza avvertimento e senza la catechesi, non sarà più percepita la differenza tra i due modi di partecipare alla Messa. Se le persone si abituano alla consegna a domicilio, adatteranno mentalmente questo modello ai “servizi” religiosi per soddisfare i propri bisogni”.
E ha concluso: “il compito principale del pastore a capo ed in mezzo al popolo di Dio è vigilare (essendo coscienti delle tentazioni principali per la Chiesa nel tempo di oggi: la tentazione del neognosticismo e neopelagianesimo) sulla disponibilità del popolo d’attendere il Signore. Detto con altre parole: vigilare sul desiderio di dono e di obbedienza nel tempo che ci è affidato. La forma della vita ecclesiastica va verso la cristoformità”.
Altro momento importante per i partecipanti è stato l’intervento fatto dal Card. Michael Czerny SJ, Sottosegretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, Sezione Migranti e Rifugiati, dal titolo “Rispondere alle recenti sfide della pastorale migratoria in Europa”, con il quale ha presentato il Messaggio del Santo Padre per la 106ma Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, in calendario per domenica 27 settembre, e illustrato sinteticamente il lavoro della Sezione Migranti e Rifugiati, sottolineandone le attività realizzate durante la pandemia. Infine, ha analizzato alcuni punti chiave della missione comune della Chiesa universale e delle Chiese locali in relazione alla pastorale migratoria: alcuni esempi di buone pratiche delle Chiese locali; il Patto Globale per una migrazione sicura, ordinata e regolare; il Patto dell’UE su migrazione e asilo. E ha concluso “Siamo noi tutti chiamati alla sublime missione di lavorare insieme, le Chiese di origine, transito e destinazione delle persone in movimento, affinché queste si sentano accolte, protette, custodite e abbiano le basi solide per un’adeguata integrazione. Sebbene questo periodo è contrassegnato da contraddizioni, relativismo, sospetto e paura, siamo tutti sulla stessa barca, navigata dal timoniere sicuro che è il padrone della storia dell’umanità, il nostro Signore Gesù Cristo. È Lui che si rivolge oggi a noi con le parole “Sono Io, non abbiate paura” (Gv. 6.20). Le sfide presentate da questo delicato momento ci rivelano chiaramente che la nostra comune missione è quella di remare tutti insieme verso la giusta direzione indicata da Lui e mai remare contro. Dal nostro impegno sinergico e armonioso dipende il futuro del nostro Continente, che è tuttora in grado di dare il buon esempio a tutta l’umanità”.