50 partecipanti, provenienti da 28 Conferenze Episcopali di tutta Europa, si sono dati appuntamento su internet per l’incontro online dei Direttori nazionali per la Famiglia e la Vita, organizzato dalla Commissione Famiglia e Vita del CCEE.
L’incontro, che avrebbe dovuto svolgersi a Vilnius nel maggio 2020, ma che è stato annullato a causa della pandemia, è stato aperto dai saluti di S.E. Mons. Arūnas Poniškaitis, Vice Presidente della Commissione Famiglia e Vita e di don Martin Michalíček, Segretario Generale del CCEE.
La prima relazione, dal titolo “L’influsso della pandemia sulla famiglia: per una pastorale nello stile della Comunione familiare”, è stata tenuta dalla Prof.ssa Gabriella Gambino, Sottosegretario del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita del Vaticano. Partendo da un’approfondita analisi dell’attuale situazione sociale e dell’impatto che la pandemia ha avuto e sta avendo sulle famiglie e sulla Chiesa, la prof.ssa Gambino ha sottolineato l’importanza della vocazione delle famiglie e la loro relazione reciproca con la Chiesa, presentandole come due istituzioni che si costruiscono a vicenda e che sono chiamate ad essere modelli di comunione. Ha, poi, ribadito la vocazione missionaria della famiglia che dovrebbe essere incoraggiata dalla Chiesa affinché le famiglie siano in grado di abbracciare pienamente questa vocazione e siano aiutate a passare dall’essere utenti passivi dei servizi forniti dalla Chiesa ad essere una presenza sacramentale di Cristo nel mondo, una conversione missionaria concreta, così come indicato da Amoris Laetitia, che consideri le famiglie non solo destinatarie, ma protagoniste dell’azione pastorale.
Ha, infine, auspicato un lavoro comunionale che superi le difficoltà di un coinvolgimento dei laici nella pastorale familiare e contribuisca a costruire un “noi” ecclesiale: “a tal fine, il primo passo da fare è dedicarsi alla formazione dei laici, e in particolare degli sposi e dei giovani, affinché comprendano l’importanza della propria missione ecclesiale. Di grande aiuto possono essere i gruppi e tutte quelle realtà, anche parrocchiali, che contribuiscono a formare con continuità le famiglie all’importanza della dedizione del proprio tempo alla missione e alla vita della Chiesa”.
Solo così potremo “immaginare una Chiesa-Comunione in azione: una pastorale con le famiglie che, a partire dalla comunione sponsale, si possa tradurre in uno stile pastorale condiviso e unitivo, nella complementarietà e nella comunione tra le vocazioni. E la Chiesa in cammino può trovare una nuova vitalità pastorale. Il papa ci ha ricordato più volte che specialmente ‘in questo tempo nessuno si salva da solo’. Nemmeno la Chiesa: ha bisogno del suo Popolo, delle famiglie, del loro modello di vita e di amore, che sa farsi prossimo a chi è in difficoltà”.
Nel suo intervento, dal titolo “Secolarismo: quel è il significato dell’essere umano?”, S.E. Mons. Philip Egan, vescovo di Portsmouth, Inghilterra, ha affrontato il tema del secolarismo e le sue implicanze per l’antropologia: esso “si basa su un’antropologia imperfetta che non può portare a un’autentica fioritura umana”.
Dopo un excursus storico sul concetto di secolarismo, visto più come un atteggiamento che come un sistema di pensiero, che consiste nel vivere la vita orizzontalmente, senza Dio e senza la dimensione verticale della religione, relegando quest’ultima alla sfera privata, il presule dimostra quanto esso sia “imperfetto, insostenibile e alla fine distruttivo per la prosperità umana. Si fonda su un errore teologico, la negazione di Dio e il vivere come se Dio non esistesse. Rimuovendo la religione dalla vita quotidiana, il secolarismo priva le persone delle risorse spirituali di cui hanno bisogno”.
Il secolarismo, poi, “disconnette erroneamente la moralità dalla religione. La religione fonda l’etica e così una perdita di religione dissolve le basi della moralità. Senza la religione e la legge naturale, emergono nuovi concetti di giusto e sbagliato, di sessualità e vita familiare, di dignità e valore della vita umana”.
E ancora, “la disconnessione tra moralità e religione, a sua volta, mina il sociale portando all’individualismo e alla ‘dittatura del relativismo’. Il relativismo è la visione che la verità è relativa: ciò che è vero per te non è vero per me. Poiché la verità non ha alcun fondamento nella religione o nella legge naturale, dipende da ciò che penso o sento”.
Gli effetti di una tale ideologia sono molti, incluso lo spostamento verso l’individualismo e il relativismo, così come l’adozione dello scientismo e la convinzione che tutti i bisogni umani possano essere soddisfatti dalla materia.
La pandemia da COVID ha contribuito a mettere in luce i limiti del secolarismo e la complessità e profondità dei bisogni dell’uomo al di là del materiale. Essa “ha indotto le persone a rivedere le proprie priorità e valori, il significato della vita e della morte, il ruolo della religione. La cura dei poveri, la cura dei malati e degli anziani e il futuro dei giovani sono diventati centrali”.
“La risposta più efficace della Chiesa al secolarismo – ha concluso mons. Egan – è sicuramente la nuova evangelizzazione invocata da Papa Giovanni Paolo II, un’evangelizzazione ‘nuova nel suo ardore, nuova nei suoi metodi e nuova nella sua espressione’. I credenti stessi hanno bisogno di un rinnovato ardore, di una nuova passione per Cristo, in modo che possano protendersi naturalmente nel servizio e nella missione verso gli altri. Ciò include nuovi metodi, nuovi modi di comunicare il Vangelo, l’uso di nuovi media, nuova arte e nuovi approcci. La nuova evangelizzazione non è un programma o una forma di catechesi; si tratta di consentire agli altri di avere un incontro trasformante con la Persona di Gesù Cristo nel suo Corpo Chiesa, soprattutto nella Santa Eucaristia”.
Dopo il dibattito avuto con entrambi i relatori, l’incontro è terminato con le osservazioni conclusive di S.E. Mons. Leo Cushley, Arcivescovo di St Andrews ed Edimburgo, Scozia, e Presidente della Commissione Famiglia e Vita del CCEE, che ha anche guidato i partecipanti in un momento di preghiera.