Molte volte si sente dire che la Chiesa deve essere più credibile e che se il mondo non crede è perché la Chiesa non è abbastanza credibile.
Proprio da questa convinzione, ha preso il via l’incontro dei Segretari Generali delle Conferenze Episcopali d’Europa. Due giorni di incontri online, 48 partecipanti collegati dalle rispettive sedi, per riflettere insieme sulla “Autenticità della Chiesa e credibilità nella sua missione a partire dall’enciclica Ecclesiam Suam”.
Dopo l’accoglienza dei partecipanti e l’introduzione dei lavori fatta da don Martin Michalíček, Segretario generale del CCEE, è stato mons. Ivo Tomašević, Segretario generale della Conferenza Episcopale di Bosnia ed Erzegovina, a tenere la prima relazione dal titolo “L’autenticità della Chiesa nei rapporti ad intra”.
Una lettura sapienziale sul versante del dialogo ‘ad intra’ e alla luce di Ecclesiam Suam, quella fatta dal decano dei Segretari Generali, da ben diciassette anni in questo servizio per la Conferenza Episcopale di Bosnia ed Erzegovina, che ha condiviso con i partecipanti anche alcune riflessioni sulla sua presenza ai tanti incontri organizzati dal CCEE: “ho avuto l’opportunità, come segretario di una piccola Conferenza Episcopale, di visitare la maggior parte dei Paesi europei e di conoscere da vicino la vita della Chiesa in essi… Potrei definire questi incontri come un vero dialogo intra-ecclesiale. Mi hanno aiutato a conoscere e ad amare ancora di più la Chiesa Cattolica e la mia missione in essa”.
Se è vero che è la santità della Chiesa a rendere santi noi, così come è la fede della Chiesa che ci fa credenti, e non viceversa, questo vale anche per la sua credibilità: la Chiesa è autentica e vera per la sua stessa natura e istituzione. Ma, quando si parla della credibilità della Chiesa si guarda alla credibilità degli uomini e delle donne di Chiesa, è proprio il loro comportamento che rende la Chiesa più o meno credibile.
San Paolo VI, in Evangelii Nuntiandi al n. 41, scriveva: «L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni… È dunque mediante la sua condotta, mediante la sua vita, che la Chiesa evangelizzerà innanzitutto il mondo, vale a dire mediante la sua testimonianza vissuta di fedeltà al Signore Gesù, di povertà e di distacco, di libertà di fronte ai poteri di questo mondo, in una parola, di santità».
La Chiesa, dono immenso dell’amore di Cristo, nata dal suo costato sulla croce, deve riscoprire la sua chiamata alla santità, ha continuato don Ivo: “un segno sicuro del fatto che amo la Chiesa è che io faccia del mio meglio per camminare sulla via di Gesù Cristo, cioè sulla via della santità. I santi, nel corso della storia, sono stati un dono inestimabile per la Chiesa. I santi sono la realizzazione della Chiesa nella vita quotidiana e il volto più bello della Chiesa nel mondo”.
Ora, poiché è l’agire degli uomini di Chiesa che li rende poco credibili e di conseguenza, con essi, rende poco credibile anche la Chiesa, si impone “un perenne esame di vigilanza morale… la conversione inizia dalle gionacchia”.È necessario avere un senso di Chiesa: “il pastore non ha diritto in nome della democrazia o della presunta umiltà di sottrarsi al suo compito perchà gli è stato affidato dalla Chiesa in nome di Cristo”. E concludeva: “la Chiesa è inviata ad annunciare il Regno di Dio e ad annunciare il Vangelo di Cristo usando tutte le buone vie nel tempo in cui vive, ma senza mai rinunciare alla sua missione… senza mai tradirne l’essenza”.
Infine, citando Papa Paolo VI, si è augurato che il discorso all’interno della Chiesa sia “intenso e familiare! Quanto sensibile a tutte le verità, a tutte le virtù, a tutte le realtà del nostro patrimonio dottrinale e spirituale! Quanto sincero e commosso nella sua genuina spiritualità! Quanto pronto a raccogliere le voci molteplici del mondo contemporaneo! Quanto capace di rendere i cattolici uomini veramente buoni, uomini saggi, uomini liberi, uomini sereni e forti! (ES, n. 116)”.
Al dialogo ‘ad extra’ e alla credibilità della Chiesa nel suo rapporto con la società è stata dedicata la seconda parte dell’incontro, con un’interessante relazione tenuta dal giornalista irlandese David Quinn, direttore di IONA, Institute for Religion and Society, editorialista del Sunday Times (edizione irlandese) e del The Irish Catholic.
Nella sua analisi su come è considerata la Chiesa cattolica in Europa, Quinn è partito da questo tempo di pandemia e dal fatto che “abbiamo dovuto affrontare una situazione senza precedenti quasi ovunque in Europa: ci è stato impedito di tenere le celebrazioni con il popolo”. Durante il primo lockdown, quasi tutti i governi hanno impedito le celebrazioni e poi, alcuni prima di altri, le hanno permesse di nuovo. In alcuni Paesi ci sono volute cause giudiziarie, in altri l’intervento diretto dei vescovi. Questa vicenda ha “fornito una sorta di cartina di tornasole per quanto le Chiese siano ben considerate e rispettate nella società. È stata anche una cartina di tornasole su come bilanciamo libertà e sicurezza. È stata una cartina di tornasole per le Chiese stesse. Come bilanciamo la libertà di culto con la sicurezza? In alcuni Paesi, le Chiese hanno semplicemente ascoltato gli esperti della salute pubblica senza opporre resistenza, senza chiedere prove che dimostrassero la necessità di interrompere totalmente le celebrazioni con il popolo.
In altri Paesi, le Chiese sono state più rapide nel tener testa agli esperti della salute pubblica e ai governi e hanno sostenuto con forza la ripresa delle celebrazioni pubbliche. Parte di questo dipende dalla fiducia in sé stessi e da come pensiamo di essere visti dalla società”.
Altro tema delicato dove vediamo la stessa cosa, ha continuato Quinn, è quello dell’educazione e delle scuole di ispirazione cattolica. “In Ecclesiam Suam, Paolo Vi si interroga sul posto della Chiesa nella società. Il posto delle scuole ‘paritarie’ nella società ne è un tipo di prova. Lo Stato rispetta e riconosce il diritto all’esistenza delle scuole religiose? Dà loro finanziamenti pubblici? Hanno la libertà di insegnare ciò che vogliono insegnare? Sono costretti a insegnare cose che non vogliono insegnare? Possono mantenere la loro identità quando molti alunni e genitori appartengono a fedi diverse o a nessuna?”. E ha aggiunto, “spetta alla Chiesa di difendere l’autonomia propria e quella della società civile e lottare con le famiglie perché sia riconosciuto il loro diritto ad essere primi educatori dei figli.
Infine, ha affrontato il tema del ruolo dei media nel modellare la visione della Chiesa al grande pubblico. “La rappresentazione negativa dei cristiani è all’ordine del giorno, quando vado nei programmi, a volte sono trattato come un curioso esemplare antropologico”. Ha, poi, aggiunto: “non c’è un modo facile per risolvere la questione, ma se vogliamo il dialogo con il mondo, questo deve includere il dialogo con i giornalisti. Significa anche costruire relazioni personali con i giornalisti, costruire relazioni basate sulla fiducia. Significa anche avere molte persone capaci e disposte ad andare nei programmi, soprattutto quando si tratta di questioni controverse. Altrimenti, si presumerà che le nostre posizioni siano semplicemente indifendibili”.
E ha concluso: “crediamo di avere qualcosa di unico e straordinariamente speciale da dare? Prima di poter tentare di rievangelizzare il mondo, forse dobbiamo rievangelizzare la Chiesa. Il mondo ha bisogno di una Chiesa rinnovata, perché il mondo, a partire dalla nostra casa qui in Europa, ha bisogno di rinnovamento. Questo inizia e finisce in Cristo. Questa rimane la nostra missione e il nostro messaggio”.
Ogni Segretario Generale, durante l’incontro, ha avuto modo di presentare le iniziative più significative fatte dalla propria Conferenza Episcopale nell’ultimo periodo e confrontarsi sulle sfide che si stanno affrontando in questo tempo. Accanto a questi interventi, hanno avuto luogo anche le relazioni dei Segretari delle Commissioni che hanno presentato le attività e gli impegni prossimi delle Commissioni e delle Sezioni del CCEE.