Europa

La cura pastorale dei militari e le scelte pastorali nell’attuale contesto europeo

Incontro degli Ordinari militari

In occasione del vertice NATO, si è svolto a Vilnius anche l’incontro degli Ordinari militari delle Conferenze Episcopali d’Europa per riflettere insieme sulla cura pastorale dei militari e delle loro famiglie, con uno scambio fraterno su esperienze e scelte pastorali nell’attuale scenario europeo, in particolare nel contesto della guerra in Ucraina.

Ad accogliere i vescovi castrensi l’arcivescovo di Vilnius Gintaras Grušas, presidente del CCEE e anche ordinario militare per la Lituania. Nell’introduzione ai lavori, Grušas ha ricordato che questo di Vilnius è il primo incontro dei vescovi ordinari militari organizzato dal CCEE, un appuntamento che si svolgerà ogni due anni per trattare le questioni pastorali legate al mondo militare.
Dopo aver illustrato l’esperienza europea dell’assemblea sinodale continentale di Praga e presentato le iniziative del CCEE in calendario, l’arcivescovo Grušas si è soffermato sul pellegrinaggio delle Forze armate a Lourdes che vede, ogni anno, migliaia di giovani militari giungere al santuario mariano per invocare la protezione della Beata Vergine Maria e pregare per la pace. E ha concluso: “vogliamo accompagnare questo vertice dei capi di Stato, membri della NATO, con la preghiera perché le loro scelte siano orientate al bene comune, si lavori per la promozione umana, si impegnino per mettere fine ai conflitti e per garantire la pace”.

Nel suo intervento, P. Andrij Zelenskyy SJ, capo dei cappellani ucraini, ha presentato lo sviluppo del ruolo dei cappellani durante la guerra. In una situazione di guerra, come quella che sta affrontando l’Ucraina, a cominciare dal 2014 e soprattutto con l’invasione russa del 2022, si assiste – ha denunciato il cappellano gesuita – a situazioni di aggressione di intere comunità di civili, ad atti di violenza, anche su donne e bambini, che portano alla distruzione radicale dello spazio e del tempo; viene oltrepassato il limite dell’umanità; si giunge a un vero e proprio collasso ontologico.
In questo contesto il ruolo del cappellano è quello di essere presente sul campo accompagnando i militari per la cura dello spirito, con l’amministrazione dei sacramenti anche in trincea, con la preghiera nei piccoli gruppi, con il sostegno e la consolazione.
Un servizio che si colloca all’interno di un quadro più ampio, di formazione continua, per contrastare il disordine generato dalla guerra con la ricerca dell’ordine da cui può scaturire la pace, con l’impegno di tutti a cercare la verità, scegliere il bene, lottare per la giustizia, contemplare la bellezza.

L’arcivescovo di Sarajevo e ordinario militare della Bosnia ed Erzegovina, Tomo Vukšić, ha delineato il servizio dei cappellani nelle zone e nelle situazioni post-belliche, a partire dall’esperienza vissuta nella guerra dell’ex Jugoslavia, in un contesto multietnico, multireligioso e multiculturale. “Il loro contributo però non può essere separato dal resto della Chiesa, di cui fanno parte, e neanche dalla concreta situazione legale, politica, culturale, economica e religiosa della società in cui vivono e dell’esercito a cui sono mandati per la cura spirituale”.
Un tema pastorale molto importante, nelle zone dove è cessato un conflitto, è quello dell’accompagnamento spirituale delle persone militari e dei veterani, che hanno un’esperienza diretta e spesso pluriennale della guerra, o delle persone che per un periodo sono state private della libertà per ragioni relative ai conflitti armati.
“Nella Bosnia ed Erzegovina – ha continuato l’arcivescovo di Sarajevo – in termini di una ricostruzione materiale, sono visibili non pochi progressi, fatti negli ultimi 30 anni, però ancora resta molto da fare nel senso materiale e soprattutto a livello di guarigione delle ferite psicologiche e dei traumi profondi. Perciò, la creazione dei presupposti legali, sociali, politici, culturali, religiosi ed economici per la costruzione di una pace giusta e duratura, basata sul dialogo e sul pieno rispetto dei diritti delle singole persone e dei tre popoli costitutivi, emerge come una priorità assoluta. E per giungere a tale scopo, è necessaria la collaborazione concreta tra tutte le componenti della società, comprese quelle religiose, compreso quello dei cappellani militari e ministri delle altre Chiese e religioni”.
“Nonostante le difficoltà, la Chiesa cattolica in Bosnia ed Erzegovina, ha aggiunto l’arcivescovo Vukšić, è convinta che un sincero dialogo interreligioso, sociale, politico e culturale aiuterebbe l’istaurazione dell’armonia sociale e la promozione del bene comune, a rimarginare le ferite del passato travagliato e al rafforzamento della coscienza e della vocazione propria delle comunità religiose di dover essere un riferimento morale. E anzi proprio perché le difficoltà ci sono, il dialogo è necessario”.

Infine, l’ordinario militare per l’Italia, l’arcivescovo Santo Marcianò, ha affrontato il tema della pastorale nel mondo militare tra sfide e opportunità.
“Quando parliamo di Chiesa Ordinariato Militare e sfide pastorali, parliamo di evangelizzazione. Nascono da lì le sfide pastorali, tutte le sfide che ci raggiungono in quanto Chiesa”, ha detto l’ordinario militare italiano.
“Anzitutto siamo Chiesa, è bene sottolinearlo sempre; una Chiesa particolare specificamente istituita per l’assistenza umana e spirituale alle Forze Armate e che nel tempo è passata – lo ha spiegato in modo incisivo Giovanni Paolo II concludendo il primo Sinodo della Chiesa Ordinariato Militare in Italia – «da un “servizio di Chiesa” offerto ai militari a una “Chiesa di servizio”, radunata tra quanti nel mondo militare sono chiamati a esercitare il loro sacerdozio battesimale, operando per la convivenza pacifica tra gli uomini»”.
Per i cristiani – ha continuato Marcianò – l’impegno militare è un servizio, un vero e proprio ‘ministero’, che richiede l’eroismo e il coraggio della pace. “E credo sia qui il cuore del nostro compito, aiutato dai valori che il mondo militare porta con sé: essere consapevoli che i militari non sono soltanto persone alle quali offriamo un servizio ma una famiglia, una comunità, una porzione di Chiesa ‘a servizio’ del mondo”.
In questo contesto, e nell’orizzonte sinodale a cui è chiamata tutta la Chiesa, Marcianò individua alcune opportunità per la pastorale nel mondo militare valide per tutti:
La ricchezza dei giovani e dell’educazione. “La Chiesa Ordinariato Militare, Chiesa “più giovane” perché più ricca di giovani, è pertanto chiamata a valorizzare questo suo straordinario dono che è anche una grande responsabilità, ideando iniziative particolari da proporre ai giovani militari; provando a intercettare la domanda di senso dei giovani delle nostre Caserme”.
Respiro ecumenico e dialogo interreligioso. “Il mondo militare, soprattutto in determinati Paesi e nelle Missioni condotte sotto l’egida di Organismi Internazionali, sperimenta l’«ecumenismo delle opere» che gli ultimi Pontefici indicano ripetutamente, con il Magistero e i gesti concreti”.
Migrazioni e accoglienza. “L’impegno dei militari in diverse Missioni Internazionali per il supporto alla Pace, che li vede aiutare i rifugiati sul versante della prevenzione e della promozione umana, fa apprezzare, accanto alla competenza delle nostre Forze Armate Italiane, anche l’etica che le caratterizza e le vede attente ai valori della giustizia e del bene comune, della fraternità e della pace: valori possibili solo se, alla base di tutto, si pone la difesa di ogni persona umana, in ogni fase e condizione di vita, e la cura della sua inalienabile dignità”.
La preghiera per la pace. “Se è vero che i militari sono a servizio della pace, se è vero che la pace sta al cuore della Chiesa, è vero che l’Ordinariato Militare è chiamato a un’incessante preghiera per la pace”.
La pastorale d’ambiente e l’accompagnamento spirituale. “Il servizio del cappellano militare è davvero rivolto a tutti, non solo ai credenti, e ha la peculiarità di quella condivisione di vita che rende più concreto e mirato lo stesso servizio pastorale. E questo ci rende espressione autentica della Chiesa ‘in uscita’, sognata da Papa Francesco, con una ‘pastorale di ambiente’ che non può essere adeguatamente coperta dalle parrocchie e che non è da inventare ma da valorizzare: il nostro può forse essere un esempio per altri settori, in particolare nelle grandi città dove, in luoghi di studio e di lavoro, trascorre la gran parte della vita delle persone. Una pastorale che, se ci pensiamo bene, rende più concreto anche uno stile sinodale”.

Molti i momenti di preghiera che hanno accompagnato l’incontro: nella cappella della Porta dell’Aurora, così come nella cattedrale di Vilnius e nel santuario della Divina Misericordia, i vescovi e i rappresentanti degli Ordinariati militari d’Europa hanno pregato in modo particolare per la pace in Ucraina.