Si è aperta, oggi pomeriggio, a Roma la Plenaria del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa con la Celebrazione Eucaristica presieduta da Papa Francesco nella Basilica vaticana. Sessanta i partecipanti a questo evento giubilare per celebrare i cinquant’anni dell’istituzione del CCEE.
Il Santo Padre, nella sua omelia, nel ringraziare il Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa per “il lavoro di ricostruzione portato avanti con la grazia di Dio e per questi primi 50 anni a servizio della Chiesa e dell’Europa”, ha messo in evidenza anche le criticità di una Europa “malata di stanchezza” dinanzi alla visione lungimirante dei suoi padri fondatori. Francesco ha esortato il CCEE a non cadere nello scoraggiamento e nella rassegnazione in quanto “siamo chiamati dal Signore a un’opera splendida, a lavorare perché la sua casa sia sempre più accogliente, perché ognuno possa entrarvi e abitarvi, perché la Chiesa abbia le porte aperte a tutti e nessuno abbia la tentazione di concentrarsi solo a guardare e cambiare le serrature, le piccole cose squisite. No, il cambiamento va da un’altra parte”.
Riflettere, ricostruire, vedere. Il Papa ha usato questi tre verbi per interpellarci “come cristiani e pastori n Europa”. L’invito dunque a riflettere sul nostro comportamento, “oggi in Europa noi cristiani abbiamo la tentazione di starcene comodi nelle nostre strutture, nelle nostre case e nelle nostre chiese– ha sottolineato il Papa – mentre tutto intorno i templi si svuotano e Gesù viene sempre più dimenticato”. Riaccendere l’appetito della fede a tutte quelle persone che non hanno più fame e sete di Dio, che pensano che la fede sia qualcosa di già visto e che appartiene al passato. Solo l’amore sazia il cuore, ha aggiunto il Pontefice. “La mancanza di carità causa l’infelicità”. L’appello a riflettere ancora sulle varie posizioni nella Chiesa, su dibattiti, agende e strategie, perché il rischio è quello di perdere di vista il vero programma, quello del Vangelo: lo slancio della carità. La via di uscita dai problemi e dalle chiusure, indicata da papa Francesco, è sempre quella del dono gratuito. Sognare il futuro di tutti , così come lo sognavano i padri fondatori, deve essere alla base della ricostruzione. Solo così le mura della casa europea si potranno rinsaldare. “Dalle fondamenta della Chiesa delle origini e di sempre, dall’adorazione a Dio e dall’amore al prossimo, non dai propri gusti particolari o dai negoziati per difendere la Chiesa o la cristianità” senza dimenticarsi che “ogniricostruzione avviene nel segno dell’unità. Ricostruire significa farsi artigiani di comunione, tessitori di unità a ogni livello: non per strategia, ma per il Vangelo”. Solo dopo aver ricostruito si potrà vedere. “Bisogna mostrare Dio con la vita, la preghiera e la povertà” ha detto il Papa. “La gente oggi non riconosce il volto di Dio, non sente lo stupore quando lo incontra a causa di schemi religiosi logori, intellettualistici e moralistici” ha specificato. “Aiutiamo l’Europa di oggi a ritrovare il volto sempre giovane di Gesù e della sua sposa in tutta la sua intramontabile bellezza”. A fine celebrazione è toccato al Cardinale Vincent Gerard Nichols, Vice Presidente CCEE, rivolgere al Santo Padre il saluto del Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, il Cardinale Angelo Bagnasco, assente per il Covid. A distanza di 50 anni la missione del CCEE resta la stessa di quella che Papa Paolo VI affidò al Consiglio nascente: “L’annuncio di Cristo Salvatore nel mondo al nostro amato Continente”. Un compito che è accresciuto nel corso dei decenni con tutti i suoi cambiamenti d’epoca e “che ci trova immersi con i nostri popoli tra gioie e speranze, sfide e preoccupazioni. A questa complessa e appassionata realtà umana, che forma la nostra terra e che si esprime con tradizioni e storie peculiari, noi Pastori – ha scritto il Card. Bagnasco nel suo saluto – non abbiamo una sapienza nostra da offrire, né confidiamo su efficienti organizzazioni o mezzi, poiché la Chiesa – come Lei scrive in EvangeliiGaudium – non è un programma umano, ma la Comunità dei credenti attorno al Risorto che ci ripete: “Non temere, io sono con voi”. Per questo vogliamo far risuonare il nome di Gesù nel cuore dell’Europa, un nome che non si impone ma che libera e salva, che ispira duemila anni di civiltà e bellezza; vogliamo usare le sue parole “sine glossa” e, anche se a volte dobbiamo usare parole umane, vogliamo che mai perdano il buon odore di Cristo”. Al termine della Santa Messa, i partecipanti alla Plenaria si sono ritrovati presso la tomba di Pietro per rinnovare insieme la professione di fede e dopo una sosta e un momento di preghiera personale presso le tombe di San Paolo VI e di papa Giovanni Paolo I, ed hanno concluso il loro breve pellegrinaggio di gratitudine ai papi che hanno accompagnato il CCEE in questi 50 anni, presso la tomba di San Giovanni Paolo II con la recita della preghiera a Maria, Madre d’Europa, scritta proprio dal santo papa polacco a conclusione dell’esortazione apostolica Ecclesia in Europa.
Foto Siciliani-Gennari