Riceviamo e inoltriamo il comunicato finale dell’incontro dei rappresentanti delle Conferenze episcopali dell’Europa centro-orientale che si è svolto a Bratislava il 6-7 settembre 2018.
L’incontro è stato patrocinato dal CCEE.
Per ulteriori informazioni:
Martin Kramara, Conferenza episcopale slovacca (Italiano e Inglese) mobile: +421 904904410 – email: kramara@kbs.sk
I rappresentanti degli Episcopati della Slovacchia, Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria, Croazia, Ucraina, Slovenia, Bosnia ed Erzegovina, la Conferenza internazionale dei SS. Cirillo e Metodio, insieme con la Presidenza del CCEE, si sono radunati a Bratislava tra il 6 e 7 settembre 2018.
I partecipanti all’incontro, in presenza del nunzio apostolico in Slovacchia, hanno celebrato la Santa Messa nella Cattedrale di San Martino, presieduta dal cardinale Angelo Bagnasco, Presidente del CCEE.
Per approfondire le diverse questioni che riguardano la missione della Chiesa tra le attuali circostanze culturali e sociali dell’Europa Centro-orientale, essi hanno preso atto dei seguenti problemi:
Negli ultimi anni, le diocesi della regione hanno svolto diverse azioni – come per esempio la comune raccolta organizzata nel 2017 a favore delle vittime delle guerre in Medioriente – e contribuiscono alla ricostruzione delle case, ospedali, scuole e interi villaggi, per rendere possibile il ritorno dei profughi nelle loro patrie. Gli organi della Chiesa cattolica hanno prestato un valido aiuto anche ai profughi e migranti che attraversavano il territorio dei loro paesi.
I paesi dell’Europa centro-orientale sono negativamente colpiti dall’esodo dei loro giovani all’estero. Non si può ignorare che la causa principale di questo fenomeno risiede nel fatto che i paesi dell’Europa centro-orientale, nonostante la loro adesione al mondo occidentale, nel corso degli ultimi trent’anni ancora non sono stati integrati come partner uguali – e le differenze negli stipendi medi tra i paesi dell’Occidente Europeo e del Centro-est Europeo sono rimaste enormi. Sarà, quindi, necessario trovare un altro modo d’integrazione di questi paesi nel mondo occidentale: un modo che meglio garantisca l’uguale dignità di questi paesi e dei loro cittadini.
I vescovi si rivolgono anche ai governi delle loro nazioni, per chiedere loro di dedicare una maggiore attenzione alla riforma dell’educazione, come anche ai giovani che tante volte lasciano i propri paesi a causa delle scarse condizioni sociali, cercando il lavoro all’estero, dove possono trovare sicurezze sociali migliori per matrimonio e famiglia. I vescovi hanno la speranza che anche il prossimo sinodo dei vescovi sulla gioventù e pastorale delle vocazioni porterà tanti impulsi utili per la vita della Chiesa.
La società, nella quale molti cedono al consumismo, è sempre più confrontata con il rischio di essere ingiusta verso coloro che – nello spirito della mentalità odierna – sembrano inutili, perché incapaci di prestare rendimento. La società non può disfarsi dei propri membri solo perché non sono in grado di fornire prestazioni. I vescovi fanno appello ai rappresentanti pubblici perché assicurino condizioni adeguate per offrire una cura dignitosa dei malati, degli anziani e delle persone alle periferie della società. Bisogna fare tutto il possibile perché questi possano avere una vita degna, e nonostante le loro limitazioni siano percepiti dalla società come membri uguali. Per migliorare tutte queste prestazioni è, però, necessario che i paesi dell’Europa centro-orientale siano trattati equamente nei rapporti economici del mondo occidentale.
L’Europa è radicalmente cambiata dopo la caduta della cortina di ferro. La libertà riacquistata dalle nazioni dell’Europa Centro-orientale è motivo di gioia. Allo stesso tempo i vescovi si rendono conto che tanti cittadini dei loro paesi percepiscono una grande incertezza. La crisi migratoria ha mostrato che non è facile superare le differenze mentali e culturali che esistono tra Oriente e Occidente. I vescovi, però, osservano di essere tenuti a collaborare.
Non è possibile essere indifferenti nei confronti delle persone che – cercando un futuro migliore per se stessi e per le loro famiglie – si trovano in pericolo di morte o soffrono di fame e carestia. Bisogna fare tutto il possibile per aiutare i loro paesi d’origine, per risolvere i problemi che causano le migrazioni.
I vescovi sono preoccupati per la diffusione dell’ideologia gender, nascosta tra altro anche nel noto Protocollo di Istanbul. Bisogna fare del tutto affinché l’Europa torni alle radici naturali e cristiane. Le sue istituzioni, comprese le corti, dovrebbero rispettare l’autonomia dei paesi dell’Europa centro-orientale nella sfera culturale ed etica.
Inquietano le decisioni sovranazionali che impongono, a volte in modo indiretto, soluzioni in contrasto alle costituzioni e culture dei singoli paesi, approfondendo così le alienazioni e agendo contro l’integrazione. I vescovi chiedono i rappresentanti dei governi di rifiutare la ratifica del Protocollo di Istanbul, o di revocare la firma.
La Chiesa cattolica ha desiderio di contribuire all’integrazione europea e di alleviare la tensione sociale. Ricordando le parole di papa Francesco che “Dio è lontano dal male, ma vicino a chi soffre,” (Omelia, Santa Messa a Carpi, 2 aprile, 2017) i vescovi pregano per ciascuno che si trova in difficoltà e vogliono sempre aiutare chi ne ha bisogno.